La protesta delle donne svedesi (leggi in http://www.repubblica.it/esteri/2010/01/20/news/svezia_quote_rosa-2007736) fa tornare di attualità un piccolo scoop di Aspettare stanca “donne non più della metà” (vedi in fondo) E, tornando alla Svezia, la prima domanda che viene in mente è: quanto dovremo aspettare per un fenomeno simile anche in Italia? E in tanti altri paesi dove le donne sono discriminate, sottorappresentate, sottopagate? E ancora: il 50&50 non è soltanto una meta, (quasi sempre irraggiungibile in tempi non biblici), di una maggioranza trattata come minoranza, è anche un criterio che, dove non vige la meritocrazia e prevale l’egemonia maschile, supera il problema “quote sì – quote no”. (Si noti che il titolo quote rosa è quindi inappropriato.) Interessante rileggere ora, con lo sguardo rivolto al problema delle donne svedesi, di non poco conto, quanto negli anni scorsi è stato lanciato in rete in Italia. Aprile 2006 http://www.casainternazionaledelledonne.org/50e50.htm#01 Aspettare stanca se ne è più volte occupata in passato, a partire dal 2006, a volte insieme con il Laboratorio 50&50. Dal febbraio 2007 l’UDI ne ha fatto l’obiettivo della sua campagna nazionale “50E50 ovunque si decide per una democrazia paritaria”. 50 e 50 insieme si può Marzo 2007 Aspettare stanca e Laboratorio 50&50 lanciano l’appello per una riforma elettorale condivisa. http://www.power-gender.org/index.php?option=com_docman&task=cat_view&gid=14&Itemid=6 Nel 2008 parte European Women’s Lobby 50/50 Campaign for Democracy in Parallelamente, nel 2007 nasce il PD che, su pressioni di donne e uomini, è il partito del cinquanta &cinquanta, una conquista che in due anni mostra cenni di cedimento. http://liste.margheritaonline.it/pipermail/spaziodonne/msg00343.html
Donne non più della metà.
Una legge del 1956 a garanzia degli uomini
Roma, 9 ottobre 2007
L’imminenza del voto del 14 ottobre per il Partito democratico e la proposta di legge d’iniziativa popolare promossa dall’UDI per il “50 e 50 dovunque si decide” hanno portato alla ribalta, finalmente non solo nelle reti delle donne, la questione della presenza paritaria di donne e uomini nella vita politica.
In questi ultimi giorni hanno scelto di recarsi alle urne il 14 ottobre molte donne che non vogliono farsi sfuggire l’occasione di rinnovare il panorama politico italiano grazie anche alla possibilità di votare per una donna segretaria nazionale (vedi “Un’elettrice senza impegno” di Letizia Paolozzi su Il Riformista del 9 ottobre).
Aumenta, infatti, il numero delle persone convinte che la battaglia meritocratica per superare il gap che in Italia con numeri inaccettabili svantaggia le donne in politica potrà avere successo solo cominciando con l’utilizzare la preziosa occasione offerta dalle elezioni del 14 ottobre e dalla nascita del nuovo Partito.
Rimangono in alcune opinion-leader le perplessità sulla richiesta di una democrazia paritaria come le donne citate da Franca Fossati su Europa del 2 ottobre, che sia alternativa e/o riduttiva rispetto all’impegno per un drastico rinnovamento del sistema politico e sociale basato sul riconoscimento della differenza.
A queste donne, ma anche agli uomini che più nascostamente si preoccupano per l’ondata rosa in Italia, dovuta anche a mutamenti in tanti paesi del mondo, un invito a sostenere la tesi del 50e50, e non solo perché supera il dilemma “quote si-quote no”.
Il 50 e 50 è a garanzia anche degli uomini: la battaglia deve essere comune. L’obiettivo non è “Partiti e Parlamento con un’oligarchia di femminile al 90 per cento”; si tratta di una battaglia di democrazia, nel nome dell’eliminazione delle barriere che ostacolano chi più merita e chi è portatore di valori etici a tutela degli interessi collettivi. Le donne, ma anche i giovani – e quindi con le giovani donne doppiamente penalizzate (Vedi articolo del 5 ottobre di Franca Bimbi su Il Riformista).
Una chicca: ben pochi sanno che il criterio del 50 e 50 fu adottato nella legge 27 dicembre 1956, n. 1441, sulla partecipazione delle donne all’amministrazione della giustizia nelle Corti d’assise e nei Tribunali per i minorenni.
In applicazione dell’art. 102, ultimo comma della Costituzione, relativo alla partecipazione diretta del popolo all’amministrazione della giustizia, quella legge, nell’ammettere anche le donne a far parte delle Corti d’Assise, prescriveva, però, che dei sei giudici popolari, almeno tre dovevano essere uomini. Di modo che i componenti di sesso femminile dei collegi di Corte d’assise non potevano superare il numero di tre, ossia la metà dei giudici popolari. Una norma a garanzia di una presenza minima di uomini al cinquanta per cento, solo di recente abrogata, che era sopravvissuta anche al ricorso alla Corte costituzionale per violazione degli articoli 3 e 51 della Costituzione.
Non sono certo da ignorare le preoccupazioni sulla possibilità che puntando solo sul numero si possa ottenere un vero salto di qualità. Il ricorso alla cooptazione, che consente di scegliere donne inoffensive perché omologate o condizionabili è noto e ancora qualcuna/o ricorda, quando per la prima volta furono imposte le quote rosa, il caso delle donne elette nella Lista della Lega in Parlamento e subito sostituite dagli uomini che le seguivano.
Ma da tali preoccupazioni deve nascere un maggiore impegno, non certo il ripiegamento su posizioni ormai superate.
Per la prima volta nella storia dei Partiti avremo per il PD un’assemblea costituente fatta di donne e uomini in uguale misura. Già accusano cedimenti le oligarchie maschili che, dopo aver concesso la composizione paritaria delle assemblee costituenti del PD, erano riuscite a mantenere monopoli di genere negli apici decisionali (tre uomini a coordinare il Comitato 14 ottobre, l’ancor più criticabile scelta da parte del principale candidato alla segreteria nazionale di un proprio vice dello stesso genere, così come candidati quasi tutti uomini alle segreterie regionali).
Oligarchie che non solo dimostrano una scarsa attenzione verso le donne, ma sono sintomo del perpetuarsi del vecchio (accordi di vertice ecc.), mentre ci si avvia, o almeno si proclama, l’avvio al nuovo.
La speranza e l’augurio è che l’ondata rosa ottenga un ruolo paritario anche ai vertici, grazie all’impegno delle donne che hanno fatto da apripista e di alcuni uomini.
Tante donne e tante associazioni, sono impegnate per la necessaria strategia verso una democrazia paritaria in Italia e per il rispetto delle promesse che in campagna elettorale spesso sono fatte e dopo non rispettate.
Senza minacce e senza insulti per influenzare le forze politiche, ora quelle impegnate per la nascita del PD, in seguito le altre dei due schieramenti, più costruttivamente di quanto faccia la ventata di antipolitica.
Un impegno per avvicinare il sistema democratico del Paese a quello disegnato dai nostri costituenti, per un Paese di uguali, laico e inclusivo. Rosanna Oliva rosanna.oliva@aspettarestanca.it
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