Costituzione: baluardo contro ogni deriva antidemocratica

Cronache da Piazza della Repubblica e Piazza del Popolo- Roma. 12 marzo 2011

Piazza della Repubblica

Attuare la Costituzione per una democrazia paritaria

50 E 50

ovunque si decide

Rete per la Parità, UDI La Goccia, UDI Monteverde  e Aspettare Stanca hanno  distribuito cartelli preparati da Carla Cantatore, recanti gli articoli della Costituzione individuati da Rosanna Oliva come i più adatti.

Mentre ci mettevamo i cartelli al collo con nastrini tricolore,  si è creata una fila di sconosciute volontarie-sandwich, alla quale si sono aggiunti anche alcuni uomini,  che ha chiesto di indossare i nostri cartelli (firmati UDI M. e L.G., Aspettare Stanca, Rete per la Parità).

Siamo state anche intervistate in diretta da Radio Articolo 1 e abbiamo potuto parlare del 50 E 50, della sentenza della Corte .Costituzionale n.33/1960 e … della anticostituzionale pdl Tarzia del Lazio.

Art. 3 primo comma

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

Art. 3 secondo comma

È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 37

La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l’adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.    omissis

Art. 51.

Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini.                     omissis

Art. 117

Le leggi regionali rimuovono ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica e promuovono la parità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive.          omissis

…… E da piazza del Popolo, dove erano le donne di carta, oggi “Articoli-persona”

http://www.youtube.com/watch?v=46hz9UuhPbg

Ogni parola è politica

pubblicata da Sandra Giuliani il giorno domenica 13 marzo 2011 alle ore 12.57

Non sempre si può donare un testo a voce bassa creando intimità, naturalezza del dire che trasforma le parole di un libro in una confidenza tra amici.

Non ora, non qui.

Confuse nella massa di gente che sfila in corteo affastellando voci, slogan, chiacchiere e canzoni. Munite di due megafoni, le persone libro oggi, ora, alzano il tono perché questi articoli che campeggiano come scritta sul nostro petto, e poi come voce sulle labbra, vanno urlati.

Più forti, più in alto. Perché l’idiozia è dappertutto.

A ogni passo tra i palazzi e i negozi di questa città capitale c’è una ragione vera per ogni articolo: dalla libertà d’espressione, sempre e per tutti, alla difesa del tricolore che da qualche parte in questa stessa Italia qualcuno scolorisce e allora ha un senso (mi guardo intorno) che i cappelli siano bianchi o rossi, le sciarpe o le maglie verdi… questa bandiera ha i corpi dei suoi cittadini.

“Io sono l’art. 32!” E dico forte nel megafono (sbagliando l’altezza del microfono) che lo Stato tutela la salute, cura gratuitamente gli indigenti, non obbliga nessuno a trattamenti sanitari e se lo fa per qualche disposizione di legge questa legge non può violare “in nessun caso, i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.

E mentre lo dico a voce alta vedo le pagine di cronaca italiana: le eutanasie condannate, i testamenti biologici vilipesi, la mancanza di pietà e di educazione alla buona vita e alla buona morte.

“Io sono l’art. 9!” Dice Ginevra al mio fianco con un timbro di voce che conquista oggi, in questo corteo, per la prima volta, per tutelare “il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”

“Io sono l’art. 101!” Risponde dietro di noi Olga: “la giustizia è amministrata in nome del popolo. I giudici sono soggetti soltanto alla legge”. E a lei subito fa coro Antonella con l’art. 112 “Il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”.

Poi accade che il corteo passi nel quartiere alle spalle del Quirinale… ci stringiamo d’istinto e d’istinto ripetiamo in coro le parole che difendono la Giustizia – via i megafoni – c’è chi legge e chi sa a memoria – insieme: perché è la voce del popolo sovrano.

E poi ridiamo, stupidamente commosse.

“Io sono l’art. 12!” Ma Alessandra non fa in tempo a finire che un uomo nel corteo si avvicina e le chiede: “la sapete la canzone della bandiera?” E poi si scusa perché sa che ci ha etichettato come un po’ datate . E noi la intoniamo – lui la canta ad occhi bassi – io vi guardo, una per una: donne di età diverse e di diversa esperienza. Olga, Antonella, Luciana, Alessandra, Fiore, Amalia, Anna… la mia classe di quinta elementare – i banchi di legno verde, l’odore dolce della colla, le dita sempre sporche e i grembiuli bianchi con il fiocco rosa – noi alunne della V Montessori del quartiere Prati… Ecco, dove vi ho già incontrato. Amiche compagne di banco e di viaggio.

E allora è facile cantare insieme l’inno di Mameli urlando il SI finale senza pensare che è un SI’ alla guerra, e poi giocare con “Garibaldi s’è ferito ad una gamba” e “Oh Bella ciao” della Resistenza che nessuno ci racconta a scuola: la gente ride e qualcuno applaude quando tutte insieme urliamo “la scuola è aperta a tutti! – articolo 34!”

Sfiliamo stanche e rauche lungo il Viale della Trinità dei monti: penzola dalla terrazza più alta un lenzuolo enorme con su scritto a caratteri cubitali ARTICOLO 33.

Alessandra sfoglia in fretta il librino che ha portato: “eccolo! L’ho trovato!”

Ci mettiamo a semicerchio fermando il corteo e con le facce in su gridiamo: “l’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento!”.

Ed è vero che le parole sono un volo perché da lassù ci applaudono.

Piazza del Popolo è un mare di persone. Sul palco già si avvicendano gli interventi.

Luciana ci ha abbandonato perché voleva partecipare al coro e non sa che dalla piazza anche noi, dopo, canteremo “Va pensiero” finalmente libere di non essere tacciate per leghiste.

“Viva Verdi!” urlo io alla fine e mi sento la sorella sciocca di Mazzini.

Non lo avrei mai creduto possibile: ne ho tante di piazze nelle gambe ma mai avrei creduto possibile di essere qui a difendere la Costituzione italiana, il diritto alla scuola pubblica, alla legge uguale per tutti, alla tutela della salute. La legalità.

E’ un pensiero che percepisco comune nella mente di tutte.

Ma la giovane donna, Sofia (Sara? Silvia?) Sabatino, che ci accusa, ora, dal palco, di averle resa precaria la vita, di aver permesso che la televisione educasse le menti e che la Cultura, come formazione, tornasse ad essere un privilegio di pochi, ci restituisce improvvisamente il senso di questo essere oggi anche “Articoli-Persona”.

Perché la Cultura è politica e serve alla vita, alla gente. Serve vuol dire svolgere un servizio.

Perché il mondo intero è una “cosa da leggere”: un fatto e un’opinione, informazione e conoscenza.

E la Cultura aiuta a scegliere. Per scegliere bisogna capire. Per capire bisogna essere liberi di pensare.

E quando ci arriva la notizia che a Morlupo hanno strappato via il lenzuolo che Monica aveva steso dal davanzale della sua libreria “Libra per la Costituzione” aggredendola verbalmente: “qui non si fa politica… MA SI LAVORA!” allora tutto si fa più chiaro. E più terribile.

Abbiamo scelto.

Di dire le parole che servono. Parole destinate alla polis, alla comunità di cui facciamo parte. E quindi parole politiche.

Abbiamo scelto.

Di ridare giustizia e libertà alle parole.

Dovunque esse siano: sui muri, sui lenzuoli, nei libri, nelle lettere, nelle pagine di cronaca, nei racconti di vita delle persone.

Perché il mondo è una moltitudine di cose da leggere.

E abbiamo un debito. Con quella ragazza. E con le ragazze che siamo state.

Un debito enorme: riconsegnarci il futuro.

Il futuro che si può.

Non facciamo finta di niente: il domani non è progresso né fine.

Siamo noi che inventiamo un’origine e un termine alle cose a proiezione della nostra finitezza.

La Vita è altro da noi. Ci comprende e ci supera.

Ha un volto segnato dalle rughe che noi definiamo catastrofi: questo pianeta è, semplicemente, vivo e la vita è potenza e trasformazione.

Siamo solo noi che abbiamo dimenticato il rispetto.

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