Rete per la Parità
Associazione di promozione sociale per la Parità uomo-donna secondo la Costituzione Italiana
Occorre una legge per contrastare la pratica delle dimissioni con data in bianco, utilizzata per mascherare un licenziamento attraverso dimissioni fittizie e forzate, che colpisce soprattutto le lavoratrici.
Il Rapporto ISTAT sulla situazione del Paese nel 2010 ha, infatti, evidenziato che la quasi totalità delle interruzioni di lavoro legate alla nascita di un figlio può ricondursi alle dimissioni forzate. L’istituto nazionale di statistica ha rilevato che se nel tempo la percentuale di donne che interrompono l’attività per matrimonio si è ridotta significativamente (dal 15,2 per cento delle madri nate tra il 1944 e il 1953 al 7,1 per cento di quelle nate dopo il 1973), le dimissioni per la nascita di un figlio restano stabili al 15 per cento. Più in particolare, nel biennio 2008-2009 circa 800 mila madri hanno dichiarato che nel corso della loro vita lavorativa, in occasione di una gravidanza, sono state licenziate o messe in condizione di dimettersi. Peraltro, tra le madri costrette a lasciare il lavoro solo quattro su dieci hanno poi ripreso l’attività.
L’economia del paese ha bisogno del lavoro delle donne: i problemi delle imprese e di chi lavora richiedono interventi di sistema, e il ricorso a pratiche illegali non è la giusta soluzione.
Il problema è ormai all’attenzione dell’opinione pubblica, di SENONORAQUANDO, della CGIL, della Conferenza delle donne del PD e di parlamentari alla Camera e al Senato. E’ stato oggetto di una petizione al Presidente della Repubblica del Comitato di Verona di SNOQ.
Rete per la Parità, nata dal Comitato 503360 che ha celebrato nel 2010 i 50 anni della sentenza della Corte Costituzionale che eliminò le più gravi discriminazioni per l’accesso delle donne alle carriere pubbliche, intende sostenere con strumenti giuridici la parità sostanziale tra donne e uomini. Ha quindi presentato una petizione al Parlamento che propone soluzioni alle criticità della legge 188/2007 che aveva introdotto disposizioni per la data certa delle dimissioni e che è stata abrogata dopo pochi mesi perché ritenuta difficilmente applicabile.
Siamo certe che con le sinergie create anche grazie a questo incontro a Siena, e l’impegno, si spera bipartisan, delle parlamentari e dei parlamentari, una nuova legge eliminerà una pratica illegale, che trasforma in precari anche lavoratrici e lavoratori che nelle statistiche compaiono con contratti a tempo indeterminato.
C’è chi fa osservare che le donne con contratti “a progetto” all’annuncio della gravidanza semplicemente non si vedono rinnovare il contratto. Un modo di estrometterle molto più “pulito” e sicuro, perché reso perfettamente legale dall’attuale legislazione sul lavoro.
Per esempio, l’intera categoria delle donne precarie della ricerca cade in questa occorrenza.
E oltre al non rinnovo del contratto, ecco i “diritti di maternità” previsti sui contratti per i precari della ricerca stilati dalle università pubbliche italiane:
Un’assegnista di ricerca con un contratto che nella stragrande maggioranza dei casi è di 1-2 anni, in caso di maternità ha diritto di chiedere di *interrompere* il contratto per i mesi della maternità e completare i mesi restanti al ritorno della maternità. Quindi i mesi di maternità non sono pagati. C’è solo il diritto di portare a termine il contratto (cioè, ricevere, alla ripresa del lavoro, circa altri 5 stipendi a 1200 euro al mese) anziché essere licenziata in tronco.
Queste considerazioni inducono ad appoggiare, con ancora più motivata convinzione, il forte movimento contro la precarietà del lavoro, talmente diffusa in Italia da incidere negativamente sull’economia del Paese, sulla denatalità e sui singoli destini di donne e uomini. E ci spronano ad approfondire anche molti altri aspetti dei contratti di lavoro in Italia. Ci auguriamo di poter proseguire nel nostro impegno lavorando in sintonia e in collaborazione con tante altre associazioni e singole persone, grazie anche alle iniziative nazionali e del Comitato romano di SENONORAQUANDO, che sin dall’inizio abbiamo sostenuto.
La presidente
Rosa Oliva
segreteria.reteperlaparita@gmail.com
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