di Agnese Canevari
Negli ultimi mesi l’ambito della politica ha subito più di una accelerazione per quanto riguarda la partecipazione delle donne al governo della cosa pubblica. L’irruzione delle donne nello spazio pubblico come soggetto politico portatore di istanze e richieste forti, culminata nelle grandi manifestazioni del 13 febbraio, proseguita poi con l’appuntamento senese di luglio, ha posto con forza la presenza di un “noi” collettivo difficilmente trascurabile, anche in quanto bacino elettorale molto appetibile da parte dei partiti politici. Le ultime elezioni amministrative del maggio 2011 hanno indubbiamente rappresentato un punto importante a favore delle donne nella loro battaglia per una rappresentanza equilibrata e paritaria nei luoghi decisionali della politica. Se consideriamo i sei grandi capoluoghi di Regione in cui si è svolta la tornata elettorale (Torino, Milano, Bologna, Trieste, Napoli e Cagliari), la presenza delle donne negli esecutivi ha avuto un notevole incremento rispettando nel complesso le aspettative paritarie pre-elettorali: se le giunte di Milano, Bologna e Trieste hanno realizzato la piena parità tra donne e uomini (50%), quella di Cagliari ha invece proposto una composizione di giunta con ben il 60% di donne assessore (6 su 10); la giunta di Napoli presenta invece la percentuale minore con il 33,3% di donne assessore (4 donne su 12). Nessuna donna è sindaco, mentre quattro sono le donne vicesindaco (a Milano, Trieste, Bologna e Cagliari). Da sottolineare è anche il peso delle deleghe assegnate alle neoelette assessore, non più soltanto quelle “tradizionalmente” femminili quali quelle alle politiche sociali o alle pari opportunità, ma anche deleghe “pesanti” quali quelle alle politiche del lavoro, all’urbanistica, al bilancio, in base al principio della valorizzazione delle molte competenze femminili disponibili a livello locale.
I risultati, invece, sono meno entusiasmanti per quanto riguarda le consigliere elette: il risultato migliore a Bologna con il 33,3% di elette in Consiglio comunale (12 su 36), il peggiore a Cagliari con un misero 5% (2 su 40). In questo range si collocano le percentuali di donne elette nei Consigli di Milano con il 22,9% (11 su 48), Torino con il 22,5% (9 su 40), Trieste con il 17,5% (7 su 40) e Napoli con l’11,6% (5 su 48). Una sola donna è presidente del Consiglio comunale a Bologna.
I dati sopra riportati pongono una questione pressante. E’ da notare, infatti, che il risultato di una rappresentanza tendenzialmente paritaria si è raggiunta negli organi esecutivi, laddove le donne sono nominate dal Sindaco, indubbiamente sulla base del merito, ma comunque con un meccanismo di cooptazione. Va ricordato che i candidati sindaci risultati vincitori, tutti rappresentanti di schieramenti di centro-sinistra, si erano esposti in campagna elettorale prendendo precisi impegni con gli elettori e le elettrici di nominare giunte al 50% di donne, impegni che difficilmente potevano essere disattesi.
A fronte di ciò, non sono altrettanto positivi i risultati riguardo alle elette: perché? Le ragioni possono essere molteplici: nel momento della scelta di voto, le donne non votano in forza le altre donne? I partiti politici, che pure hanno candidato in numero consistente le donne nelle loro liste, non ne hanno sostenuto la candidatura? Le risorse economiche e sociali a disposizione delle candidate erano forse più penalizzanti rispetto ai candidati? Queste sono solo alcune delle ipotesi di interpretazione. Se si analizza il numero delle consigliere elette in base all’appartenenza politica, si rileva un dato interessante: anche se la maggior parte di esse sono state elette nelle liste di sinistra, il maggior partito di opposizione non ha eletto neanche una donna né a Cagliari né a Napoli.
Queste considerazioni sulla difficoltà per le donne di partecipare in condizioni paritarie alla competizione elettorale possono essere interpretate, a mio avviso, come una ulteriore conferma della necessità di intervenire sul piano normativo con disposizioni a garanzia di una equilibrata rappresentanza di genere. In particolare, è necessario introdurre la “doppia preferenza” di genere, già adottata dalla Regione Campania e sulla quale la Corte Costituzionale si è favorevolmente espressa con l’importante sentenza n. 4/2010, oltre alla composizione paritaria delle liste, a pena di inammissibilità. Ma si pone anche il tema dell’impegno per una democrazia effettivamente paritaria a livello volontaristico dei partiti politici, a partire dall’attuazione della democrazia interna. La discussione dei disegni di legge sulla rappresentanza di genere, attualmente in Commissione Affari Costituzionali della Camera, con la previsione di “quote” e della doppia preferenza di genere, va nel senso di dare una risposta concreta ad un deficit di democrazia a partire dai livelli elettorali locali.
Un discorso a sé merita il tema della presenza delle donne nelle giunte. La giurisprudenza, con la recentissima sentenza n. 6673 del TAR Lazio del 15 luglio scorso, ha giocato un ruolo importantissimo nell’affermazione del principio della equilibrata rappresentanza di genere negli organi esecutivi, accogliendo il ricorso nei confronti della giunta Alemanno che aveva nominato una sola donna assessore. Si legge nella sentenza: “Soltanto l’equilibrata rappresentanza di entrambi i sessi in seno agli organi amministrativi, specie se di vertice e di spiccata caratterizzazione politica, garantisce l’acquisizione al modus operandi dell’ente, e quindi alla sua concreta azione amministrativa, di tutto quel patrimonio, umano, culturale, sociale, di sensibilità e di professionalità, che assume una articolata e diversificata dimensione in ragione proprio della diversità del genere. Organi squilibrati nella rappresentanza di genere, in altre parole, oltre ad evidenziare un deficit di rappresentanza democratica dell’articolata composizione del tessuto sociale e del corpo elettorale (il che risulta persino più grave in organi i cui componenti non siano eletti direttamente, ma nominati), risultano anche potenzialmente carenti sul piano della funzionalità, perché sprovvisti dell’apporto collaborativo del genere non adeguatamente rappresentato.”
L’attuale situazione della giunta romana, modificata a seguito della sentenza, con due donne titolari di deleghe assessorili di cui una nominata vicesindaco, appare però ancora insufficiente. La pronuncia del TAR del Lazio ha innescato un processo che porterà inevitabilmente nell’auspicata direzione di una democrazia più paritaria. È di pochi giorni fa la notizia dell’azzeramento della giunta regionale della Sardegna, dopo la pronuncia del TAR del 2 agosto scorso, a seguito dell’esposto di una consigliera del PD e di varie associazioni che contestavano l’assenza di donne nella giunta Cappellacci.
Da ultimo, merita una segnalazione la proposta elettorale del Partito Democratico per le elezioni nazionali, presentata al Senato, che prevede un mix tra sistema maggioritario uninominale e proporzionale e misure specifiche per la pari opportunità fra i generi: a) per la parte di maggioritario, nel complesso delle candidature nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al cinquanta per cento; per la parte proporzionale le liste devono prevedere l’alternanza di genere nella successione dei candidati e nelle candidature di una stessa lista nessuno dei due generi può essere rappresentato in misura superiore al cinquanta per cento, naturalmente a pena di inammissibilità..
Certamente la giurisprudenza non deve e non può sostituire la funzione della politica, ma la concomitanza di più fattori – la pressione delle donne, le scelte autonome dei partiti, le pronunce giurisprudenziali insieme ad un auspicabile e non più rinviabile intervento normativo – sono in grado produrre un movimento delle donne verso le posizioni apicali non più rinviable.
12 agosto 2011
STATISTICHE DI GENERE
RISULTATI ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2011
COMUNI
MILANO – TORINO – BOLOGNA – TRIESTE – NAPOLI – CAGLIARI
COMPOSIZIONE GIUNTE
N. DONNE |
N. UOMINI |
|
TORINO |
5 (pari al 45,45%) |
6 (pari al 54,55%) |
MILANO |
6 (pari al 50%) |
6 (pari al 50%) |
TRIESTE |
5 (pari al 50%) |
5 (pari al 50%) |
BOLOGNA |
5 (pari al 50%) |
5 (pari al 50%) |
NAPOLI |
4 (pari al 33,3 %) |
12 (pari al 66,6%) |
CAGLIARI |
6 (pari al 60%) |
4 (pari al 40%) |
NESSUNA DONNA SINDACO.
4 DONNE VICESINDACO (MILANO, TRIESTE, BOLOGNA, CAGLIARI).
COMPOSIZIONE CONSIGLI COMUNALI
N. DONNE ELETTE |
N. UOMINI ELETTI |
TOT. CONSIGLIERI/E |
|
TORINO |
9 (pari al 22.5%) 4 PD 1 Moderati 1 mov 5 stelle 2 PDL 1 UDC |
31 (pari al 77,5%) |
40 |
MILANO |
11 (pari al 22,9%) 5 PD 2 Lista civica per Pisapia 1 Federazione Sinistra 1 Lista civica L. Moratti 1 SEL 1 Lista Letizia Moratti |
37 (pari al 77,1%) |
48
|
TRIESTE |
7 (pari al 17,5%) 4 PD 1 SEL 1 PDL 1 lista civ. Un’altra Trieste
|
33 (pari al 82,5%) |
40 |
BOLOGNA |
12 (pari al 33,3%) 6 PD 1 SEL 3 Lega Nord 1 PDL 1 Mov. 5 stelle |
24 (pari al 66,6%) |
36 |
NAPOLI |
5 (pari al 11,6%) 3 IDV 2 Fed. Sinistra |
43 (pari al 88,4%) |
48 |
CAGLIARI |
2 (pari al 5%) 2 SEL |
38 (pari al 95%) |
40 |
1 DONNA PRESIDENTE DEL CONSIGLIO COMUNALE (Bologna)
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