Grazie al professor Stefano Ceccanti abbiamo ricevuto nella stessa giornata di ieri il testo varato dalla Commissione riforme.
Evidenziamo che nella parte dedicata alle riforme elettorali è data per scontata la “seconda preferenza di genere “ e la “garanzia del riequilibrio di genere” nel maggioritario.
Sembra che questa importante novità, frutto di un lungo lavoro delle associazioni di donne e di alcune donne delle istituzioni, non compaia in nessuno dei numerosi commenti al frutto del lavoro dei cosiddetti “saggi ”, diffusi in queste ore in televisione, sulla stampa e sul web (affidati esclusivamente ad uomini, in spregio alla “par condicio di genere ”.
Ecco la parte del doc che riguarda la legge elettorale per il Parlamento.
“Particolarmente coerente con l’ipotesi del governo parlamentare del primo ministro appare un sistema elettorale di carattere proporzionale con clausola di sbarramento rigorosamente selettiva (5%), con premio di maggioranza che porti al 55% dei seggi il partito o la coalizione vincente che abbia superato una determinata soglia. Per quanto concerne i meccanismi di selezione fra i diversi candidati, si può pensare o a un sistema basato su un voto di preferenza e una seconda preferenza “di genere”, ovvero, in alternativa, a un sistema che affianchi collegi uninominali per la metà degli eletti e una lista di tre o quattro nomi per l’altra metà, con voto unico e con la garanzia del riequilibrio di genere. Secondo una opinione manifestata da più componenti della Commissione, la soglia per guadagnare il premio di maggioranza dovrebbe aggirarsi attorno al 40% dei seggi. Secondo altri la soglia dovrebbe essere più elevata, sino ad arrivare al 50%. Se al primo turno di votazione nessuna lista o coalizione di liste raggiunge la soglia per guadagnare il premio di maggioranza, si prevede un secondo turno di ballottaggio tra la prima e la seconda forza attribuendo a quella vincente il premio del 55% dei seggi.”
Come Aspettare stanca, dopo una lettura più approfondita di tutte e cinque le parti del documento, torneremo su altre possibili modifiche costituzionali attuative degli articoli 3 e 51, relative all’equilibrio di genere.
Ci riferiamo in particolare, ad esempio, alla parte relativa alla modifica del Titolo V, dove si potrebbe risolvere l’eccessiva varietà dei sistemi di voto tra le regioni e l’assenza in alcune leggi elettorali regionali anche recenti (come per la Sardegna),della doppia preferenza di genere.
Anche se non sono state considerate dal Comitato per le riforme, potrebbero essere discusse nell’apposita istituenda Commissione parlamentare.
sul blog ww.stefanoceccanti.wordpress.com l’intero documento in formato doc
http://stefanoceccanti.wordpress.com/2013/09/17/riforme-istituzionali-il-testo-della-commissione/
Vi invitiamo anche a leggere il commento del Prof. Ceccanti:
Il senso di una revisione costituzionale dentro l’Unione europea
di Stefano Ceccanti (commento per Europa)
Qual e’ il senso complessivo di una revisione costituzionale oggi, in un difficile contesto europeo che cumula collaborazione e competizione, a tredici anni dall’introduzione dell’euro e di fronte agli scricchiolii della zona euro? Non certo quello di mettere in discussione principi e valori, che restano la nostra Carta peculiare, il nostro biglietto da visita identitario comune di Paese, ma quello di rimettere in asse con essi una Seconda Parte della Costituzione in molti punti divenuta disfunzionale. In qualche modo si tratta di assumere nella Seconda Parte quei parametri di convergenza fin qui declinati solo in chiave economica, abbandonando due scorciatoie, quella di metodo di riforme a ristretta maggioranza che i vincitori successivi delle elezioni rimettono in discussione o non attuano, e quella di caricare su altri strumenti, come la legge elettorale, delle esigenze sproporzionate. E’ bene ribadirlo qui, specie su questo secondo punto: un’interruzione anticipata della legislatura, a regole costituzionali invariate, anche in caso di una riforma elettorale, riprodurrebbe con tutta probabilita’ il quadro di oggi. Sarebbe improbabile che vi fosse un unico vincitore in entrambe le Camere e, anche qualora vi fosse, sarebbe costretto a governare con decreti, maxi-emendamenti e fiducie ed esposto a varie forme di veto interne alla maggioranza e parte della sua legislazione sarebbe bloccata per tempi lunghi alla Corte a causa di conflitti con le Regioni. Per queste ragioni le direttrici fondamentali del lavoro intenso e condiviso, al di là dei singoli aspetti tecnici, sono riconducibili a tre. In primo luogo, come in tutte le forme parlamentari europee, la fine del bicameralismo paritario che evita di appendere il Governo a due risultati diversi, che velocizza il procedimento legislativo e che consente di corresponsabilizzare le autonomie al centro del sistema evitando che il conflitto, in assenza di una sede istituzionale di confronto, si scarichi sulla Corte costituzionale. In secondo luogo la revisione della riforma del Titolo Quinto, allora pensata quando il processo di costruzione europea sembrava andare verso una direzione più centrata sulle Regioni mentre il percorso successivo e’ andato più verso gli Stati e impostata troppo su elenchi di materie anziché, su funzioni. Si tratta in particolare, oltre ad evitare sovrapposizioni e a superare qualche ingenuità nell’estendere competenze legislative improprie alle Regioni, di rendere mobili i confini delle materie, assicurando comunque al centro del sistema la possibilità, in determinate condizioni, di ricorrere ad una clausola di supremazia e, al contempo, di consentire, anche su aree di competenza statale, sperimentazioni regionali diverse, utili per verificare ipotesi diverse da estendere successivamente qualora, alla prova dei fatti, si rivelassero efficaci. In terzo luogo occorre dotarsi, in materia di forma di governo, anche in connessione alla legge elettorale, di Primi Ministri con una legittimazione diretta e una maggioranza in grado di rappresentare l’Italia ai Consigli europei per una durata pluriennale simile a quella delle figure istituzionali corrispondenti negli altri Paesi. Da qui, per evitare un possibile eccesso di scarto tra voti e seggi, in presenza di una forte frammentazione di partenza, l’assegnazione di un premio dopo un eventuale ballottaggio nazionale, analogamente al sistema comunale, per assicurare coerenza a inizio mandato. Poi la certezza, durante il percorso, di attuare il programma in tempi ragionevoli, con disegni di legge di cui è certa la data finale di voto evitando il ricorso anomalo ai decreti. Infine, sulla base degli esempi spagnolo e tedesco, la possibilità di ricorso al deterrente delle elezioni anticipate per limitare i poteri di veto interni alla maggioranza. Ora sono le forze politiche a dover esercitare la loro responsabilità evitando le tentazioni di corse precipitose ad elezioni comunque non risolutive, senza avere come alibi divisioni tra gli studiosi, i quali, almeno nella Commissione, hanno invece rivelato una capacità di convergenza sin qui ignota, se si pensa in particolare alle distanze sulla riforma costituzionale tentata dal centrodestra nel 2006. Il tempo delle convergenze in nome della responsabilità comune è questo, anche se la navicella è costretta a ristrutturarsi in mare aperto, dentro tempeste, senza possibilità di fermarsi in un porto sicuro.
Il prof. Ceccanti oggi 18 settembre sarà alle 13 su Tg com24 e alle 20.30 su rai news 24
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