ENTUSIASMO DELLA CONSAPEVOLEZZA E DELLA RESPONSABILITA’

Riceviamo da un socio di Aspettare stanca e volentieri pubblichiamo:

ABSTRACT

Le società occidentali appaiono dominate da paura e rabbia, è comprensibile. E’ in atto una grande trasformazione e ne consegue un vuoto che prescinde dall’abilità della politica.

Richiamarsi alla “responsabilità” vuol dire intuire le dinamiche di scala superiore e partecipare all’edificazione dell’assetto sociale possibile, con la visione ampia, la lungimiranza e la tenacia. Non è facile.

Ha, quindi, ben altro status, chi riesca, comunque a metterla in atto, con l’entusiasmo della consapevolezza e della ragione.

Tra le forme più sofisticate di assunzione di responsabilità c’è l’impresa, messa in atto per il profitto o meno. L’entusiasmo solidale è, in quest’ottica, il nocciolo dell’idea liberale, radicato, per noi italiani, nella fierezza risorgimentale. Vero, oggi, in particolare per i settori dell’economia verde e sociale, come prospettiva di sopravvivenza delle comunità, creazione di organizzazione ed espansione sostenibile, allontanando l’entropia, il disordine, la morte.

 

 


TESTO

 

ENTUSIASMO DELLA CONSAPEVOLEZZA E DELLA RESPONSABILITA’

Le società occidentali appaiono attualmente dominate da un senso di paura e di rabbia, mentre gran parte del resto del mondo è in subbuglio.

Questa condizione è comprensibile:

E’ in atto, infatti, una grande trasformazione:

a) la scala della comunità tecnologicamente possibile è ormai globale, ma le condizioni culturali non sono ancora adeguate, la conflittualità diffusa è inevitabile.

b) Il salto di scala, necessario a creare un nuovo assetto, è in corso ed è di grandezza proporzionale, ma gli strumenti di governo, in senso lato, sono ancora poco più che nazionali.

c) La biologia della specie e le sue strutture sociologiche stanno cambiando con velocità crescente ed i poli comportamentali, tra i più e meno adatti, necessariamente, si divaricano, senza, peraltro, che ci sia certezza culturale di quale sia il verso migliore della trasformazione per il “bene comune”.

d) Parallelamente si allontanano le aspettative di redistribuzione e status introiettate negli anni dello sviluppo e poi sostenute dallo Stato con il debito.

Come disse Giorgio Bocca, l’insieme di quanto detto, necessariamente, determina una diffusa sensazione di spaesamento. Condizione esasperata dalla pressione dei media ed anche dal fatto che un colpevole vero e proprio non lo si può indicare.

Ne prendiamo a turno l’uno o l’altro, ma nel profondo sappiamo che la paura è data dalla stessa scala del processo in atto, dal non capire più dove siamo, dal non aver più coordinate affidabili.

Il vuoto politico, la rinuncia alla partecipazione ed a volte alla vita, i problemi ambientali, sociali e psicologici sono tutti conseguenza di questo processo globale, che, quindi, in grande misura, prescinde dall’abilità dei singoli politici.

Questo stato d’animo è, peraltro, vissuto, più o meno, intensamente, in ogni ambito e diventa, a sua volta, fattore di stress della vita quotidiana, dal traffico, allo sportello antipatico, dalla riunione condominiale esasperante, all’infermiere sadico….

C’è chi cerca di proteggersi con vetri scuri del SUV o con gli occhiali da sole, ma, dentro o sotto, hanno paura anche loro.

Politicamente questa condizione porta a scegliere il no, la rinuncia assoluta, od il rifiuto di ogni progetto sociale che vada oltre il proprio microcosmo, ovvero la rivalsa, il populismo, l’opportunismo che rimangono tali quale sia la vernice politica che si cerca di mettergli sopra, o la bandiera che si sventola.

Chi vive questa pulsione di confusione e rabbia spesso non può percepire la portata delle trasformazioni in atto e, quindi, vede le componenti della società civile che cercano di gestire i difficili processi in corso come nemiche.

Non ne può cogliere il senso di responsabilità, quasi che fosse il loro stesso impegno a determinare l’immigrazione, i limiti ambientali, il deficit… cui fare fronte.

Quindi, politicamente sceglie chi irride i portatori di responsabilità.

I partiti, anche quelli che si richiamano alla solidarietà, se danno priorità alla propria sussistenza, per conservare la propria fetta di mercato, nutrire apparati, interessi e clientele consolidate, sono costretti ad inseguirli.

Coerentemente, alla scala nazionale, i progressisti di ieri si trovano nella difficile condizione di richiamarsi a valori sociali ed idee progressiste e difendere al contempo interessi corporativi e conservatori.

Peraltro, la complessità delle loro stesse macchine ed i processi selettivi che le hanno formate, li rende, in buona misura ottusi, impermeabili all’emozione, ormai incapaci di proposte d’identità, come dimostrato dalle recenti elezioni.

Richiamarsi alla “responsabilità” è alternativo a tutto ciò. Vuol dire, infatti, intuire le dinamiche di scala superiore in atto e partecipare, come possibile, all’edificazione dell’assetto sociale necessario. Quindi, saper vedere le esigenze di sostenibilità della comunità oltre quelle individuali.

Quanto detto dovrebbe spingere i portatori di responsabilità, quale che sia il loro partito politico di riferimento, a porsi in un’ottica di guida alternativa alla paura, al rancore ed al danno ambientale o sociale come forma di compensazione del proprio spaesamento. 

Per farlo, per vedere l’evolvere fisiologico dei processi e sopportarne i tempi, sono necessarie la visione ampia, la lungimiranza e la tenacia.

Ma, oggi, conservare l’impegno per l’edificazione dell’assetto possibile non è affatto facile.

La scala e l’idea di comunità possibile non sono evidenti. La società utopica è ancora difficile da immaginare. Non è chiara la sua fisionomia tecnologica, biologica, culturale, sociale e politica.

Peraltro, come già accennato, mentre l’assetto necessario è globale, l’insieme delle forze umane che dovrebbero crearlo è ancora frammentato nelle molteplici realtà locali.

Coerentemente, l’immagine del progressista responsabile ora non va di moda quanto è andata in decenni addietro. Quindi, non interessa chi sposa determinati comportamenti solo se gli offrono un profitto d’identità. Quindi, ora, non paga proporla, ne in termini di immagine, ne di posizione politica. In altre parole, oggi, la responsabilità non è da tutti.

Andrebbe, quindi, esplicitato come abbia ben ALTRO STATUS, chi, nelle Istituzioni, nelle Imprese, nella Società Civile, nella Politica riesca, comunque a metterla in atto, rispetto a chi si lascia dominare dalla paura e persegue il solo, brevi-mirante, interesse personale, ovunque militi.

I primi, infatti, si fanno carico dei problemi vissuti e determinati dai secondi. Meglio o peggio lo fanno, perché è nel loro codice bio-culturale farlo.

Ma, esplicitare la portata dei cambiamenti, far capire quale sia, oggi, la posta in gioco, può evidenziare l’importanza del loro impegno.

Può, inoltre, stimolare la loro stessa curiosità per arrivare ad una qualche chiarezza sulle dinamiche in atto, ad intuirne le possibili coordinate.

A sua volta, è questa chiarezza, quale che sia la situazione che svela e per quanto duro possa apparire il cammino da fare, che darà l’entusiasmo di agire.

Potrà, quindi, portare l’assunzione di responsabilità a divenire ENTUSIASMO DELLA CONSAPEVOLEZZA E DELLA RAGIONE.

Non è facile, ma solo questo punto di partenza potrà riportarci alla fiducia, all’entusiasmo della responsabilità stessa, quindi, a liberare le energie, oggi depresse, della costruzione. Tanto più ampia è la trasformazione, tanto maggiore deve essere l’impegno per capirla e per avviare la costruzione del futuro possibile.

D’altronde non ci può essere progetto senza analisi e le sue linee guida dovranno essere alla scala del cambiamento in atto, per poi diventare progetti esecutivi alle scale delle realtà in cui si opera.

Quindi, è solo capendo le dinamiche globali in atto e le loro conseguenze nel quotidiano, che si potrà visualizzare il ruolo possibile per l’Italia ed i suoi cittadini, quindi, entusiasmarsi alla loro progettazione ed alla loro realizzazione.

Tanto maggiore sarà la chiarezza, tanto maggiore l’emozione di progettare e di svolgere un ruolo positivo, accettando la sfida dell’evoluzione, tanto maggiore sarà l’energia che scaturirà dell’entusiasmo della responsabilità assunta, forza fondante del nuovo assetto possibile.

In ogni caso, sarà solo l’energia lungimirante dei pochi ad innescare la reazione ed aiutare i tanti a superare la paura.

Detto ciò, è comprensibile come l’evidenziare ancora la grettezza del contro, le malefatte dei profittatori o le sconcerie del Re, sempre più nudo, non porti chi vive nella paura a scegliere la costruzione. Anzi, produce altra paura ed alimenta i modelli della chiusura e conferma le scelte del no.

Non sarà, quindi, la rissa isterica, ne la sola denuncia delle schifezze dell’uno o dell’altro degli antagonisti che potrà riportare attenzione alla responsabilità, all’edificazione, all’impegno.

Sarà solo l’acquisizione di consapevolezza che potrà portare al superamento della paura.

Intuire la fisiologia del processo potrà aiutare chi ha la forza necessaria ad avviare il progetto necessario a costruire la società possibile. L’unica vera salita in politica.

A conferma della difficoltà di quanto proposto và sottolineato come molti cittadini vivano oggi barricati nel quotidiano, senza porsi alcuna prospettiva.

I pochi che partecipano all’agone politico lo fanno in modo analogo a quello calcistico, senza voler capire che in questa partita non può più vincere nessuno. E’ stato distrutto lo stadio e va rifatto. Tutti vediamo come il loro pugnare sia infantile ed inconsapevole e sia tra i principali fattori limitanti alla creazione di fiducia.

Per questo, va detto come tra le forme più sofisticate ed efficienti di assunzione di responsabilità ci sia l’impresa, messa in atto per il profitto o meno. Messa in atto da chi ha un’idea ed opera per portarla avanti, trascinando, con fatica e pazienza, chi ha paura.

Peraltro, nel cuore dell’innovazione c’è l’aspettativa del profitto, ma c’è anche l’entusiasmo della responsabilità, la carica della felicità di svolgere un ruolo positivo per il devolvere dell’evoluzione.

Quest’entusiasmo solidale è, peraltro il nocciolo dell’idea liberale, radicata, per noi italiani, nella fierezza risorgimentale.

Il suo vero nucleo etico e storico, infatti, non è nella conservazione dei privilegi, ma nella liberazione delle energie, quindi, nella creazione di opportunità. Nella sua essenza, è, quindi, l’idea progressista. Può, nel quadro di norme certe, essere solidale e responsabile e rimane tale anche se molti di quelli che la sbandierano nascondono forme più o meno meschine di  conservatorismo.

Quanto detto è tanto più vero, oggi, per i settori dell’economia verde e sociale, che potrebbero valorizzare i fattori produttivi disponibili, dando prospettive di sopravvivenza alle comunità.

In altre parole, potrebbero creare organizzazione ed espansione sostenibile, allontanando, quindi, l’entropia, il disordine, la morte.

Franco Paolinelli 3-11 / 2013

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