Tra Stabilità e Festività l’elezione (finora mancata) di tre giudici della Corte Costituzionale. 50 associazioni a Parlamento: eleggete tre donne

Tre donne nella Corte Costituzionale per uscire da un ritardo inaccettabile, è la richiesta dell’Accordo di Azione Comune per la Democrazia paritaria, ripresa dalle due agenzie allegate.

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Non ancora battuto il record dei 623 giorni impiegati, tra il 1995 e il 1997, per sostituire Vincenzo Caianiello con Annibale Marini. Chissà se basteranno 535 giorni perché il Parlamento riesca finalmente a eleggere i tre giudici della Corte Costituzionale mancanti. Tanti ne saranno trascorsi lunedì, quando le Camere torneranno a riunirsi in seduta comune, dopo che le precedenti si sono concluse senza esito. Il risultato è che la Corte è costretta a lavorare a ranghi incompleti dalla fine di giugno dello scorso anno: all’epoca terminarono il loro mandato Luigi Mazzella e Gaetano Silvestri, seguiti a novembre da Giuseppe Tesauro, Sabino Cassese e Paolo Maria Napolitano e, a inizio anno, da Sergio Mattarella, eletto a gennaio presidente della Repubblica.
Sei giudici scaduti, sostituiti solo da tre, grazie alla nomina parlamentare di Silvana Sciarra e alle designazioni di Daria de Pretis e Nicolò Zanon da parte dell’allora capo dello Stato Giorgio Napolitano. Mancano tre giudici, con tutte le ovvie e gravi conseguenze sul funzionamento del supremo organo di garanzia costituzionale. Tra i partiti, però, non si trova un accordo e senza un’ampia convergenza non ci sono margini per raggiungere il quorum dei tre quinti necessario.
Il Presidente della Repubblica e quelli delle Camere, e lo stesso Presidente della Consulta, hanno espresso preoccupazioni per un ritardo che rischia di compromettere il funzionamento della Corte. È vero che, negli ultimi anni, i ritardi sono stati frequenti, e i tempi si sono spesso dilatati, così come, nel 1991, il ritardo di un anno, da parte del Parlamento, giustificò l’intervento del presidente della Repubblica Cossiga: in un messaggio alle Camere minacciò, di fatto, lo scioglimento. Scioglimento che alcuni costituzionalisti non escludono possa intervenire.
La ripresa del voto per i giudici costituzionali a Camere riunite è fissata per lunedì 14 dicembre, alle 15. Il 23, anti vigilia di Natale, le vacanze. Niente sedute ad oltranza per quest’anno?.

Intanto i quarantotto deputati della Commissione Bilancio lavorano a pieno regime per portare il testo emendato della legge di Stabilità in aula alla Camera  il giorno successivo, e poi il testo dovrà tornare al Senato.
C’è da ricordare che cinque giudici della Corte Costituzionale sono eletti dal Parlamento in seduta comune (art. 135 della Costituzione). Devono ottenere due terzi dei voti nelle prime due votazioni, tre quinti nelle successive.
Quorum così ampi dovrebbero servire  ad evitare che ciascun gruppo scelga il proprio candidato e lo faccia eleggere senza che gli altri interferiscano. Dovrebbe servire a far eleggere giudici che meritino ampi consensi e non siano scelti solo per la loro  appartenenza.
Il problema, in effetti, è che sui nomi proposti manca l’ampia convergenza necessaria. Il M5S è molto deciso nel chiedere la sostituzione del candidato di FI Paolo Sisto, parlamentare e avvocato di Silvio Berlusconi, mentre sembra più possibilista nei confronti del candidato del PD Augusto Barbera, costituzionalista ed ex parlamentare.
Se non sarà sufficiente la seduta del 14 dicembre, occorrerà convocare sedute giornaliere o una seduta ininterrotta? In questo caso niente di nuovo sotto il sole. Basti pensare alle modalità di elezione del Pontefice della Chiesa cattolica.
E non è giustificabile passare sotto silenzio, anche nei mass media, l’assenza finora negli accordi di  candidature femminili, come se non esistessero avvocate di prestigio o docenti autorevoli nelle università italiane.

Non a caso abbiamo aperto questo post con le due agenzie che riprendono il comunicato di oggi dell’Accordo di azione comune per la democrazia paritaria.

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