Perché ogni dio ce l’ha tanto con le donne? Il dio cattolico le vuole sottomesse all’uomo. Idem, quello mussulmano ed ebreo. Il dio induista non le vuole nemmeno far entrare nel suo tempio di Kerela, dove ora possono andare solo per la decisione della Suprema Corte indiana, ma a rischio di linciaggio da parte dei tradizionalisti.
Il divino da sempre è roba da maschi. Ed è la base culturale, che ha legittimato la discriminazione tra sessi. Quando a Roma avremo una religione paritaria dove sia previsto un papa donna, potremo accusare gli altri di diseguaglianza di genere. Perché il caso del giorno – l’estremismo saudita della segregazione femminile negli stadi – denuncia solo la vistosa intensità della discriminazione, non il principio che la sostiene in ogni monoteismo patriarcale: ovvero che la donna ha meno valore dell’uomo, perché ha meno forza. Un tema proto-antropologico presente nelle religioni nate con l’umanità, dove vale da sempre la legge del più forte: il dio, onnipotente – l’uomo, potente – la donna, “apotente” (e sottomessa con la violenza).
La partita dello scandalo non è tanto quella che si giocherà nella trasferta saudita, ma quella che le donne perdono ogni giorno in casa, per la presenza di primitivi residui teo-misogeni, che ancora agiscono da profondi inibitori sociali della libertà femminile.
Massimo Marnetto
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