Da Massimo Marnetto
Sono andato a vedere la mostra “Impressionisti segreti” nel seicentesco Palazzo Bonaparte, da poco aperto al pubblico, come nuovo spazio culturale romano, dopo essere stato nell’ 800 la dimora della madre di Napoleone. Vedere i quadri della prima insubordinazione artistica alle rigide regole dell’accademia è sempre un piacere. Soprattutto quando si tratta per la maggior parte di opere di privati, che non vengono esposte con frequenza. Ma ad incuriosirmi era soprattutto la visita della dimora – sempre chiusa – dove alloggiava Maria Letizia Ramolino, quando il figlio cadde in disgrazia e le venne impedito di seguirlo nell’esilio.
Donna Letizia – ottenuta la protezione del pontefice – visse in modo molto ritirato. Usciva poco e ancora meno si mostrava al mordace popolino romano (il Belli ne fa un ritratto impietosamente caustico). Emblematico in questo senso il suo balconcino posto all’angolo di Via del Corso, con Piazza Venezia, che la nobildonna fece schermare da tetto e persiane, per poter vedere senza essere vista. Entrare in quel piccolo bunker domestico – detto il “bussolotto” dal popolo – mi ha fatto impressione.
Non solo per l’emozione di una delle vedute più belle dell’Altare della Patria e della piazza sottostante, ma per il pensiero che mi è venuto di questa donna, madre per anni dell’uomo più potente d’Europa, che alla fine si infligge una semiclausura, pur di sfuggire alla compassione per la caduta così disastrosa della sua famiglia. Una traiettoria discendente resa bene dalla gigantesca copia in gesso della statua di Napoleone nella posa di Marte pacificatore scolpita dal Canova che domina l’ingresso e da quel “bussolotto” posto a poche sale di distanza, dove immagino una donna sola con i suoi pensieri custoditi nel suo orgoglioso pudore.
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